Leo Strauss (1899-1973), uno dei maggiori protagonisti della filosofia politica del Novecento, considera Hobbes il vero fondatore della filosofia politica moderna. The Political Philosophy of Hobbes (1936) costituisce l’opera più importante della critica straussiana alla modernità politica e rappresenta “il primo tentativo di una emancipazione radicale dal pregiudizio moderno”, come ebbe a scrivere lo stesso Strauss in una lettera a Alexandre Kojève del 9 maggio 1935. Lo Hobbes di Strauss è un filosofo morale che costruisce un’antropologia pessimistica, scevra da ogni finalismo, fondata sullo studio delle passioni umane, non dei presupposti scientifico-meccanicistici o naturalistici dell’agire, centrandola sulla paura della morte violenta intesa come una passione razionale in grado di fondare la teoria di uno Stato il cui unico scopo è la sicurezza, cioè l’effettività dell’efficacia razionale. Il primo confronto di Strauss con Hobbes avviene, in forma mediata, attraverso la discussione di Der Begriff des “Politischen” (1932) di Carl Schmitt e prosegue fino al capitolo dedicato al filosofo inglese in Diritto naturale e storia (1953) in cui, sostituendo alla nozione di “legge” la nozione di “diritto” inteso come “pretesa soggettiva”, si esplicita la concezione moderna e individualistica del diritto naturale. In Die Religionskritik Spinozas (1930) è presente un capitolo consacrato espressamente alla critica hobbesiana della religione nel quale Strauss analizza il ruolo svolto dal conflitto teologico-politico, che diventa un conflitto eminentemente politico – e solo secondariamente teologico. In Die Religionskritik des Hobbes (1933-1934) Strauss dimostra come Hobbes intraprenda un’approfondita critica della religione rivelata passando dall’epicureismo al secolo radicale dei Lumi, concludendo che la salvezza e la dannazione dell’uomo sono affatto “terrestri” e che soltanto la scienza e la politica consentono all’uomo di sopravvivere in un mondo incomprensibile. Il volume si chiude con un’appendice che ripercorre il rapporto tra Strauss e Schmitt e la pubblicazione di due testi inediti in lingua italiana.
Leo Strauss lettore di Hobbes. Crisi della modernità e critica della religione / Ciani, Claudio. - STAMPA. - (2018), pp. 1-138. [10.4458/0036]
Leo Strauss lettore di Hobbes. Crisi della modernità e critica della religione
Claudio Ciani
Membro del Collaboration Group
2018
Abstract
Leo Strauss (1899-1973), uno dei maggiori protagonisti della filosofia politica del Novecento, considera Hobbes il vero fondatore della filosofia politica moderna. The Political Philosophy of Hobbes (1936) costituisce l’opera più importante della critica straussiana alla modernità politica e rappresenta “il primo tentativo di una emancipazione radicale dal pregiudizio moderno”, come ebbe a scrivere lo stesso Strauss in una lettera a Alexandre Kojève del 9 maggio 1935. Lo Hobbes di Strauss è un filosofo morale che costruisce un’antropologia pessimistica, scevra da ogni finalismo, fondata sullo studio delle passioni umane, non dei presupposti scientifico-meccanicistici o naturalistici dell’agire, centrandola sulla paura della morte violenta intesa come una passione razionale in grado di fondare la teoria di uno Stato il cui unico scopo è la sicurezza, cioè l’effettività dell’efficacia razionale. Il primo confronto di Strauss con Hobbes avviene, in forma mediata, attraverso la discussione di Der Begriff des “Politischen” (1932) di Carl Schmitt e prosegue fino al capitolo dedicato al filosofo inglese in Diritto naturale e storia (1953) in cui, sostituendo alla nozione di “legge” la nozione di “diritto” inteso come “pretesa soggettiva”, si esplicita la concezione moderna e individualistica del diritto naturale. In Die Religionskritik Spinozas (1930) è presente un capitolo consacrato espressamente alla critica hobbesiana della religione nel quale Strauss analizza il ruolo svolto dal conflitto teologico-politico, che diventa un conflitto eminentemente politico – e solo secondariamente teologico. In Die Religionskritik des Hobbes (1933-1934) Strauss dimostra come Hobbes intraprenda un’approfondita critica della religione rivelata passando dall’epicureismo al secolo radicale dei Lumi, concludendo che la salvezza e la dannazione dell’uomo sono affatto “terrestri” e che soltanto la scienza e la politica consentono all’uomo di sopravvivere in un mondo incomprensibile. Il volume si chiude con un’appendice che ripercorre il rapporto tra Strauss e Schmitt e la pubblicazione di due testi inediti in lingua italiana.File | Dimensione | Formato | |
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